Visualizzazione post con etichetta MEMORIA. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta MEMORIA. Mostra tutti i post

lunedì 22 luglio 2013

ANDALA il ricordo dell'autore del simbolo della resistenza popolare Palestinese.

UN RICORDO
il 26 ° anniversario DELL'ASSASSINIO DEL VIGNETTISTA Palestinese Najy Al Ali "Handala", è stato ASSASSINATO a Londra, da un traditore che era al servizio del Mossad israeliano, , IL PADRE DI "ANDALA" VIVE ,LA SUA CREATURA E' DIVENTATA SIMBOLO DELLA RESISTENZA E DELLA RIVOLTA PALESTINESE. I SIONISTI ISRAELIANI PAGHERANNO ANCHE QUESTA, Andala in mano ha le pietre e incarna l'immagine della rivolta diffusa del popolo Palestinese contro l'occupante,MA NEL MOMENTO GIUSTO IMPUGNERA' UN FUCILE.

giovedì 7 giugno 2012

CARLA VERBANO CI HA LASCIATI

MORTI CHE PESANO COME MONTAGNE,Brindisi per Gaza saluta CARLA VERBANO NEL SUO ULTIMO VIAGGIO,non è riuscita ad avere la verità sull'assassinio di suo figlio Valerio Verbano assassinato a sangue freddo dalla canaglia fascista,non ti dimenticheremo compagna Carla insieme a Valerio vivi nelle lotte,siamo viciini alla famiglia e ai compagni di ROMA che hanno sostenuto mamma Carla nella sua battaglia antifacista.( Brindis per Gaza)

martedì 8 maggio 2012

per non dimenticare Peppino Impastato militante comunista ucciso dalla mafia democristiana.

Peppino Impastato militante comunista.
PER NON DIMENTICARE,e per ricordare ai senza memoria,ai saltafosso,ai cambiabandiera,a quelli che ricordano Peppino solo come militante antimafia dimenticando che era COMUNISTA.La lapide e li a ricordarlo ai vivi e alle generazioni future,un idea non muore e noi siamo ancora quì.Peppino e noi tutti che siamo parte di quella generazione che ha raccolto la bandiera della resistenza oltraggiata da da revisionisti e fascisti,abbiamo dato un contributo di sangue altissimo,Peppino Impastato è uno dei tanti di noi che hanno pagato con la vita la scelta di stare con i diseredati e di essere un comunista.PEPPINO VIVE!!

RICORDARE PEPPINO IMPASTATO militante comunista ucciso dalla mafia democristiana

Peppino Impastato comunista
PER NON DIMENTICARE,e per ricordare ai senza memoria,ai saltafosso,ai cambiabandiera,a quelli che ricordano Peppino solo come militante antimafia dimenticando che era COMUNISTA.La lapide e li a ricordarlo ai vivi e alle generazioni future,un idea non muore e noi siamo ancora quì.Peppino e noi tutti che siamo parte di quella generazione che ha raccolto la bandiera della resistenza oltraggiata da da revisionisti e fascisti,abbiamo dato un contributo di sangue altissimo,Peppino Impastato è uno dei tanti di noi che hanno pagato con la vita la scelta di stare con i diseredati e di essere un comunista.PEPPINO VIVE!!  8maggio 2012

lunedì 18 aprile 2011

BRINDISI PER GAZA RICORDA VITTORIO ARRIGONI

BRINDISI: "RESTIAMO UMANI".... CIAO VIK
SIT IN IN PIAZZA VITTORIA
15 e 16 APRILE IN RICORDO del volontario dell'ISM VITTORIO ARRIGONI

IL VIDEO dell'iniziativa a questo link:





venerdì 15 aprile 2011

Ricordare Vittorio Arrigoni

 
Oggi ci ritroviamo dalle 16.30 in poi a Brindisi in Piazza Vittoria per un sit-in, volantinaggio in memoria della figura di Vittorio Arrigoni e per rispondere a questo feroce assassinio perpetrato dalla follia integralista e da una occupazione criminale israeliana della Palestina.

martedì 8 marzo 2011

RICORDO DI ALBERTO GRANADO

CIAO ALBERTO, gitano sedentario. Morto a Cuba a 88 anni, Alberto Granado, amico e compagno di avventure e di lotta di Ernesto Che Guevara, era nato a Cordoba, Argentina, l'8 Agosto del 1922; scienziato, laureato in farmacologia e scienze naturali dal 1961 viveva a cuba dove aveva fondato la SCUOLA MEDICA DI SANTIAGO. 
Con Alberto scompare un testimone della vita del Che, ma anche un uomo giusto. A noi piace pensare che ALBERTO E IL CHE siano di nuovo insieme in sella alla vecchia moto NORTON, da loro battezzata con ironia con il nome ''PODEROSA'', a ripercorrere le strade dell'America Latina, continente che li ha amati e che loro hanno amato. Due rivoluzionari in sella ad un cavallo d'acciao lanciati contro l'ingiustizia ovunque essa sia.  ALBERTO VIVE



giovedì 10 febbraio 2011

Il Chapas piange le morte di Samuel Ruiz, il "Vescovo Rosso"

 "Pace significa risolvere le ragioni del conflitto, non occultarle. E per risolverle  talora è necessario passare attraverso altri conflitti."  Samuel Ruiz

RUIZ UN VESCOVO NELLA RIVOLUZIONE

Samuel Ruiz lascia, per raggiunti limiti di età, la diocesi di San Cristobal de Las Casas.
Quando vi arrivò, 40 anni fa, era il più giovane vescovo del Messico.
Fu scelto dalla gerarchia ecclesiastica per il suo orientamento conservatore.
Figlio di una famiglia agiata della borghesia messicana a Samuel Ruiz Garcia era stato affidato un compito semplice: mantenere lo status quo.
Tutto appariva inamovibile in una terra ricca di foreste, pascoli, corsi di acqua e giacimenti di preziosi minerali.
Quelli che stavano di "sopra"- i terratenientes ed i grandi allevatori - avrebbero continuato a starci in eterno con la benedizione divina.
Quelli che stavano di "sotto", la moltitudine degli indios e dei campesinos, avrebbero continuato a lavorare come schiavi, morendo stremati nei campi con la zappa tra le mani ed il santino della Madonna di "Guadalupe" nella tasca sdrucita dei pantaloni.
Il matrimonio perverso tra la spada e la croce qui, come ai tempi della conquista, si rinnovava ogni giorno contro ogni tentativo di emancipazione e di riscatto delle popolazioni indigene.
Samuel Ruiz Garcia passa i primi mesi del suo mandato pastorale da un pranzo all'altro, invitato a rendere gli onori di casa nelle dimore dei potenti, servito a tavola da colorate indigene silenziose, quasi non avessero il dono divino della parola.
Il giovane Samuel aveva però occhi per vedere l'immane miseria dei molti sulla quale si fondava l'invereconda ricchezza dei pochi.
Aveva orecchie per ascoltare quelle donne mute ma che in verità erano in grado di parlare una babele di lingue.
Vedendo ed ascoltando don Samuel venne convertito dai poveri.
Scelse di stare con quelli di "sotto".
All'improvviso.
Con naturalezza ruppe il perverso legame tra la Chiesa e la spada.
Era la Chiesa che doveva genuflettersi ad una miriade di culture sagge ed antiche, rispettose della terra e dell'uomo, che parlavano al cuore indigeno della montagna e che resistevano alla cruda assimilazione al pensiero unico dell'uomo bianco.
Vietò ai suoi catechisti di insegnare lo spagnolo, la lingua degli oppressori, se prima non avessero loro imparato la lingua di quei villaggi.
Recitò messe nei pueblos della selva imparando umilmente idiomi, riti e tradizioni di quei popoli.
Il Concilio Vaticano II lui lo fece così, incarnandolo nella grande dignità di civiltà millenarie, attualizzandolo nel dolore e nella speranza di una moltitudine di senza volto e voce.
Il messaggio evangelico - portato di casa in casa da un esercito di 5mila catechisti - scavava nella coscienza, liberava l'anima dall'idea dell'ineluttabilità dell'essere schiavi.
Si gettava il seme della disubbidienza alle ingiustizie.
Quando il 1 Gennaio 1994 , migliaia di volti coperti da un passamontagna, invasero armati decine di municipi nel sud/est messicano, passata la sorpresa per le "bestie indios" che insorgevano contro una secolare cancellazione, vide gerarchie ed opulente élite levare l'indice contro don Samuel, l'obispo rojo (il vescovo rosso).
Era lui il corruttore delle primitive e "buone" menti degli indigeni, che - sempre secondo costoro - stavano bene nella loro condizione di apartheid che li preservava dal male del mondo.
Ruiz il capo della rivolta.
Questa ossessione dei vari Salinas e Zedillo di turno, dei vertici militari e degli autenticos coletos (i discendenti dei conquistatori) era una accusa che puntava a decapitarne la testa, come quella di Giovanni Batista sul vassoio della figlia di Erode.
Non avevano capito o non volevano capire che gli zapatisti avevano un "capo" collettivo, il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno.
Il nucleo di una società liberata, un comitato multietnico che sfidava le divisioni arricchendosi delle differenze.
Il Presidente Zedillo voleva Samuel Ruiz in galera.
Nel febbraio del '95 lo convocò per questo a Los Pinos , la residenza presidenziale.
Gli sventolò sotto gli occhi il mandato di cattura, mentre i suoi uomini armati di tutto punto invadevano la Selva nel tentativo di uccidere Marcos e gli altri comandanti dell'Ezln.
Ma l'esercito federale ed i consiglieri del Pentagono non potevano conoscere il grande orecchio della foresta Lacandona, il tam tam millenario che avvisò gli zapatisti di non presentarsi all'incontro con il mediatore governativo.
Zeddillo ripose furioso il telefono che gli comunicava del fallimento dell'imboscata e lasciò andare via Ruiz.
Ad aspettarlo trovò la furia dei paramilitari che tentarono l'assalto alla cattedrale.
Un muro umano, uomini, donne, bambini indios, impedì che i priististi ubriachi di sangue compiessero il loro delitto.
Per giorni e notti stettero a centinaia lì davanti alla Chiesa, a vigilare sul loro "Tatic" (Padre).
La forza della moltitudine contro l'arroganza dei più sofisticati sistemi d'arma.
Una guerra impari.
Ma di fronte a tanto eroismo anche "L'Osservatore romano" fu costretto a scendere in campo a sostegno di don Samuel rompendo l'omertoso silenzio che aveva contraddistinto il Vaticano fino ad allora.
Ostinato uomo di pace don Samuel guidò con generoso impeto la Conai, la Commissione di intermediazione tra l'Ezln ed il Governo.
Fu la sua firma e quella del presidente della commissione parlamentare di concordia e pacificazione (Cocopa) ad aggiungersi come garanzia a quella del comandante David e del rappresentante del governo federale sugli accordi di pace di San Andres.
Ma gli accordi rimasero sulla carta.
Mai tradotti in legge di riforma costituzionale.
Mille volte traditi nelle imboscate e nei massacri (quello di Acteal fu un delitto preordinato dal Pri, il partito di Stato).
La guerra a bassa intensità significa asfissia per la povera economia indigena.
Eppure quei popoli indigeni continuano a non piegarsi.
Il Vaticano - nella sua posizione altalenante nei confronti della diocesi "ribelle"- tentò di commissariarla affiancando a Samuel Ruiz un grigio prelato dell'apparato ecclesiastico, Raul Vera Lopez.
Ma, come era successo con il giovane Samuel, non aveva fatto i conti con la capacità dei poveri di convertire.
Ed il "commissario" si trasformò così in un energico compagno di lotta di Samuel Ruiz.
Se sarà lui a succedergli alla guida della diocesi fondata da Fra Bartolomeo de Las Casas, la teologia india e l'impegno per la pace sarà salvo.
Certo la voce profetica di Samuel Ruiz Garcia mancherà a tanti, specialmente agli indios.
Alla sua gente di cui - anche nei momenti più drammatici - ha sempre cercato di dare una parola di speranza.
Come durante l'omelia dei funerali delle 45 vittime di Acteal.
"Quando la notte si fa' più buia- affermò - è il nuovo giorno che si avvicina".

Alfio Nicotra

da "Liberazione"
3/11/1999

Comunicato EZLN: