martedì 12 febbraio 2013

RESTARE UMANI E I PESCATORI DI GAZA

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Come si fa a... Restare Umani? PDF Stampa Email
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"It's like screaming at a wall, someday it's gonna fall" cantavano i Minor Threat trent'anni fa.
Un pezzo che sembra quasi in sintonia con questo spettacolo a due voci di Ultimo Teatro, andato in scena ieri a Barletta e presentato dal coordinamento PugliaPalestina con la collaborazione del collettivo Exit; nudo, crudo e senza filtri. Nessuna concessione alle ipocrite prosopopee del politically correct in cui i media nostrani sguazzano beatamente. Quello che ha preso vita ieri sera nella libreria Punto Einaudi altro non è che l'urlo in presa diretta di una popolazione che sopporta una occupazione brutale da più di mezzo secolo, ma che non ha ancora sventolato bandiera bianca. Una popolazione che continua a resistere nonostante i soprusi quotidiani, la violenza sistematica, il silenzio di organi d'informazione più preoccupati di tutelare la fiabesca immagine che uno stato cinico e i suoi alleati hanno creato negli anni, che di riportare la realtà effettiva delle cose, bollando chi osa contraddirli come chissà quale mostro revisionista o antisemita.
Non si può definire antisemitismo raccontare i novelli gironi danteschi dei quasi settecento check points sparsi nei territori occupati, in cui transitano centinaia di lavoratori palestinesi ogni giorno. E non si può definire antisemitismo raccontare come quelle interminabili ed umilianti code non siano altro che il risultato dell'espropriazione coatta di terra e mezzi di sostentamento da parte dello Stato di Israele.
Basandosi su testi di Vittorio Arrigoni e Mhamoud Derwish, l'UltimoTeatro di Pistoia ha il merito di riportare la questione all'essenziale: il punto di vista di chi è vittima, la sua rabbia, la sua disperazione. Il racconto di chi è lì e subisce il peso della storia senza averne colpa.
Luca Privitero ed Elena Ferretti narrano di ingiustizie e frustrazioni in un set minimale, accompagnati solo da qualche breve punteggiatura musicale, come a lasciare il campo libero ai movimenti di un racconto che non esita a farsi brutale, disperato, che scalpita e urla, e che va a cozzare contro un muro fatto di muta rassegnazione, di silenzi, di falsità prese per buone. Come urlare imprecazioni a quel mostro di calcestruzzo che separa la striscia di Gaza dal territorio di Israele, rinchiudendola in un abbraccio letale. Non è un caso che il leit-motiv della rappresentazione diventi una semplice domanda: “come si fa a restare umani?”. E probabilmente il valore dell'opera è anche dato da questa costante tensione, da questa dialettica ricorsiva e sfiancante, tra una situazione che sembra senza via d'uscita, inumana e annichilente, e la necessità di r/esistere. O, come ripeteva Vittorio Arrigoni, la necessità di "Restare Umani".
Da non dimenticare come lo spettacolo sia stato presentato per sostenere il progetto del Coordinamento PugliaPalestina a supporto dei pescatori della striscia di Gaza, categoria tra le più colpite dall'embargo israeliano e dall'occupazione. Il progetto prevede una raccolta di fondi per permettere l'acquisto di materiali indispensabili a sostenere questa fondamentale attività di sostentamento economico. Per avere maggiori informazioni sul progetto e come sostenerlo:  http://pugliapalestina.wordpress.com/sostieni-il-progetto/
Coordinamento PugliaPalestina: http://pugliapalestina.wordpress.com

FRANCESCO CAPUTO

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