sabato 19 febbraio 2011

La rivolta dei giovani

Intervista sui fatti d'Egitto a Fawaz Trabulsi, storico e professore all'Università' Americana di Beirut

"A seguito della rivoluzione egiziana Israele ha scoperto che fare un accordo con un regime non significa necessariamente farlo con un popolo". Fawaz Trabulsi, storico e professore all'Università Americana di Beirut é autore di diversi libri e cofondatore dell'Organizzazione per l'Azione Comunista negli anni Settanta in Libano le cui priorità erano la resistenza contro Israele e le riforme socio-economiche nel Paese. Ha tradotto, inoltre, in arabo le opere di Antonio Gramsci.
Che ruolo avrà l'amministrazione statunitense nel governo di transizione egiziano del dopo Mubarak?
Credo che all'inizio della rivoluzione l'obiettivo dell'amministrazione statunitense sia stato quello di mantenere a tutti i costi  il Presidente Mubarak e il suo regime apportando solo delle piccole modifiche. Quando ad un certo punto  e' diventato impossibile continuare su questa linea  hanno optato per Omar Suleiman e quando anche questo tentativo non ha avuto successo hanno scelto di consegnare il paese all'esercito. Ora gli statunitensi sono interessati nella scelta del nuovo presidente egiziano e ancora di piu sono interessati a mantenere gli accordi di Camp David e la pace con Israele.

C'e' un rischio per gli accordi di pace con Israele? 

No. Molto probabilmente il nuovo regime non dimenticherà questi accordi anche perché non era Mubarak a difenderli, ma questo non vuol dire che Israele non abbia perso qualcosa. Mubarak e' stato in effetti  l'uomo che ha fatto si che l'Egitto esca dal consenso arabo e che possa diventare un paese mediatore tra palestinesi e israeliani. E' stato l'uomo che ha fornito servizi e firmato vari accordi economici con Israele tra il quale quello di vendita del gas egiziano con un  prezzo inferiore rispetto alla media internazionale e con un prezzo fisso per 20 anni. Israele oggi scopre che l'Accordo è stato fatto con un regime e non con lo Stato ne' tantomeno con la popolazione.

Come sara' il dopo Mubarak?
Bisogna solo aspettare. Non possiamo fare delle previsioni adesso. Quello che e' importante e' di sottolineare I fattori socio-economici di questa rivoluzione che già dal  secondo giorno si e' manifestata come una rivendicazione di operai, funzionari e studenti. Per una volta il politico e il sociale sono andati di pari passo. La gente e' scesa in piazza  chiedendo la fine del regime di Mubarak, chiedendo la libertà, un'uguale redistribuzione delle ricchezze, un aumento dei salari, e sindacati liberi.

Tunisia e poi Egitto possiamo dire di aver assistito al risveglio del panarabismo nella regione? 
Più che un panarabismo in se stesso queste rivoluzioni fanno scoprire al mondo occidentale  che il mondo arabo e' legato da legami solidi. Queste rivoluzioni hanno messo in primo piano un identità araba mentre il discorso egemonico dei media occidentali voleva spostare a tutti i costi l'attenzione sull'Islam. In ogni caso si tratta di un nuovo arabismo al posto di panarabismo nel senso ideologico. Questa nuovo arabismo si basa sul fatto che il mondo arabo ha dei problemi in comune: disoccupazione, povertà, una gioventù che rappresenta quasi la meta del paese e che e' istruita senza un lavoro.

Come giudica la stampa internazionale che ha spostato l'accento sull'Islam fino a temere un aumento del potere dei Fratelli Musulmani mentre in Medio Oriente uno stato quello ebraico e' stato costruito dai "fratelli ebraici"?
Nel caso tunisino e egiziano gli islamisti si sono rivelati nella loro vera forza cioè rappresentanti del 15 o 20 percento della popolazione e in tutti e due casi questi partiti  vogliono entrare a far parte del gioco democratico. Nel caso egiziano I Fratelli Musulmani sono una forza conservatrice che vuole impegnarsi nella politica e che vuole rivendicare il suo diritto nelle istituzioni. Ma c'e' una terza forza tra l'Islam e il potere che non e' solo la sinistra o i nasseristi sono i giovani, una nuova generazione uscita dalle classe medie di cui nessuno parla.  In ogni caso se siamo in una democrazia dobbiamo accettare le scelte della gente. Come gli arabi accettano di vedere alla testa degli Stati Uniti  un presidente criminale come George W. Bush anche gli occidentali devono accettare la volontà del popolo arabo anche se questi scelgono islamisti. Poi per quanto riguarda i Fratelli Musulmani questi ultimi sono molto ambigui sulla questione di Camp David.

Pensa che il modello della Turchia possa imporsi come modello da imitare per l'Egitto e gli altri paesi arabi? 
Credo che tutta questa percezione dell'occidente di voler vedere la Turchia come modello si basi su una concezione occidentale che solo gli islamisti possono governare e io non sono convinto di questo. La Turchia e' un paese industrializzato e  ricco. Ha uno stato e  un esercito forte. Non e' facile prendere questo paese come modello.

E il Libano aspetta la rivoluzione? 
La rivoluzione in Libano e una grande parola.E' un paese molto diviso. La vera rivoluzione dovrebbe essere quella di creare una nuova corrente che possa mettere fine alla polarizzazione politica tra 8 e 14 marzo. Una corrente nazional-popolare trans confessionale. Una corrente che accetti le armi di Hezbollah che minimizzi il ruolo di difesa a Israele e che faccia più riforme socio-economiche perche il Libano ne ha molto bisogno. 




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