venerdì 21 dicembre 2012

I DETENUTI PALESTINESI

Palestina, a digiuno per chiedere giustizia

Nelle carceri israeliane, da mesi detenuti palestinesi rifiutano il cibo per protesta contro le politiche israeliane. L'allarme di Addameer: gli scioperanti rischiano la vita.

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venerdì 21 dicembre 2012 09:49

di Rossana Zena

Betlemme, 21 dicembre 2012, Nena News - Rifiutare il cibo per pretendere rispetto e dignità. È di nuovo in corso la battaglia dei prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane contro le autorità di Tel Aviv e le pratiche di detenzione.

La scorsa primavera, Khader Adnan e Hana Shalabi, due attivisti palestinesi detenuti nelle carceri israeliane in detenzione amministrativa per ragioni di "sicurezza", avevano lanciato un lungo sciopero della fame che aveva attirato l'attenzione della comunità internazionale. In poche settimane, oltre 2.000 prigionieri palestinesi avevano seguito il loro esempio avviando un sciopero della fame di massa che durò 66 giorni, costringendo le autorità israeliane, dopo un duro braccio di ferro e varie pressioni da parte di ONG internazionali, a concedere un miglioramento delle loro condizioni di detenzione: accesso all'istruzione, fine della pratica dell'isolamento e in alcuni specifici casi il mancato rinnovo della detenzione amministrativa.

Ma una volta che Khader Adnan ed altri scioperanti sono stati rilasciati ed i riflettori sui prigionieri si sono spenti, Israele non ha esitato a sconfessare l'accordo fatto: la detenzione in isolamento continua ancora, così come raid notturni nelle celle, non è ancora possibile accedere all'istruzione e le condizioni igieniche delle prigione non sono migliorate. Questo è quanto è stato riferito da Randa Wahbe - portavoce legale di Addameer, organizzazione per il supporto e la difesa dei diritti umani dei prigionieri palestinesi - che aggiunge: "L'unico cambiamento che abbiamo visto finora è la ripresa delle visite dei familiari detenuti provenienti da Gaza, ma non è ancora chiaro se proseguiranno".

Oggi l'attenzione sulle condizioni dei prigionieri palestinesi è stata risollevata da cinque detenuti, che da qualche mese hanno iniziato a digiunare per protestare contro le condizioni e le politiche di detenzione israeliane e per il mancato rispetto da parte di Israele degli accordi presi nei mesi scorsi.

Ayman Sharawn e Samer Issawy sono in sciopero rispettivamente da 160 e 140 giorni non consecutivi, mentre Jafar Azzidine, Tarek Qaadan e Youssef Yassin, imprigionati il mese scorso durante la campagna d'arresti di massa attuata da Israele in Cisgiordania, non mangiano dal momento dell'arresto.

L'associazione Addameer in un comunicato stampa si è detta seriamente preoccupata per la salute e la vita dei detenuti, riferendo che le loro condizioni di salute stanno peggiorando a causa della negazione da parte del penitenziario israeliano dove sono detenuti, Al Ramleh, di fornire delle adeguate cure mediche.

Nell'ultima lettera del 17 dicembre, Samer Issawi, scrive: " Sento un dolore enorme in tutti i muscoli, il dottore mi ha riferito che il mio sistema nervoso sta iniziando a subire gravi danni irreversibili. Ho costanti dolori allo stomaco e nella zona renale ed intense emicranie mi colpiscono all'improvviso. Ho un forte bruciore nella zona genitale quando devo urinare e costante diarrea, ho deciso di prendere delle vitamine e delle soluzioni fisiologiche per cercare di mantenere il mio sistema nervoso intatto".

Farez Zayyad, l'avvocato di Addameer, dopo aver visitato la clinica della prigione di Ramleh, e incontrato i due prigionieri, Ayman Sharawneh e Samer Al-Issawi, riferisce di terribili condizioni igieniche nella clinica carceraria. Samer inizialmente ha rifiutato le cure, ma poi ha desistito perché le autorità carcerarie lo hanno minacciato di iniettargli del glucosio, una procedura che a questo stadio dello sciopero della fame può mettere in serio pericolo la sua vita. L'avvocato ha aggiunto di aver trovato Samer Al-Issawi in pessime condizioni fisiche: "Samer trema di continuo, ha perso molti capelli e sta perdendo gradualmente il senso della vista".

Numerevoli sono state le iniziative popolari di solidarietà con i prigionieri, in particolare nel villaggio di Al-Issawiya, il paese natale di Samer Issawi. I concittadini di Samer hanno piantato una tenda di protesta all'ingresso del villaggio, utilizzata come punto d'appoggio e di ritrovo per informare, discutere, organizzare iniziative di sostegno per i prigionieri. La reazione dell'autorità israeliana non si è fatta attendere a lungo: mercoledì, l'IDF ha fatto incursione nel villaggio bloccandone tutti gli ingressi e sequestrando la tenda ed il materiale informativo.

Addameer ritiene l'amministrazione israeliana totalmente responsabile della salute e della vita di tutti i scioperanti e considera la protezione della loro vita un dovere nazionale e morale di tutti i palestinesi. Per questo Addameer invita le leadership palestinesi, rappresentate dall'OLP, e le fazioni islamiche a far pressione nel richiedere la liberazione dei prigionieri politici. E si rivolge all'Egitto, mediatore nei passati accordi tra movimento dei prigionieri ed Israele, perché intervenga. Gli scioperanti vanno rilasciati, immediatamente e senza condizioni. Nena News

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